Ospedale psichiatrico di Mombello

Il manicomio provinciale di Milano a Mombello nacque nel 1865 per far fronte al sovraffollamento del manicomio cittadino della Senavra. Nell’agosto del 1865, circa sessanta pazienti furono trasferiti dalla Senavra a Villa Pusterla-Crivelli a Mombello, una villa storica che in passato aveva ospitato i Bonaparte. Dopo lavori di ristrutturazione e adeguamento, nell’ottobre del 1867 il numero dei ricoverati nella succursale di Mombello raggiunse le 300 unità, rigorosamente divise tra uomini e donne. Cesare Castiglioni, direttore della Senavra e figura di spicco della “scuola milanese” di psichiatria, insieme ad Andrea Verga e Serafino Biffi, organizzò Mombello come una colonia agricola per pazienti tranquilli che non necessitavano di cure intensive.

Tra il 1873 e il 1878, Mombello fu trasformato in manicomio provinciale e ulteriormente ampliato, arrivando a ospitare oltre mille pazienti. La struttura era concepita come un “villaggio” e comprendeva, oltre ai reparti, laboratori scientifici, biblioteche per medici e pazienti, laboratori artigianali, giardini e terreni coltivabili. I pazienti erano suddivisi in base al comportamento in reparti come “tranquilli”, “agitati” e “lavoratori”, con l’ergoterapia (terapia del lavoro) considerata un’attività terapeutica fondamentale per la maggior parte di loro. Solo i pazienti “agitati” erano isolati.

Nel 1880 nacque “La Gazzetta del Manicomio della Provincia di Milano in Mombello”, un giornale interno pubblicato per 25 anni che testimoniava anche la partecipazione del manicomio a eventi come l’Esposizione Internazionale di Milano nel 1887, sottolineando il legame tra psichiatria e igiene e l’impegno degli psichiatri nell’educazione sanitaria della popolazione, ad esempio sulla pellagra.
Sotto la direzione di Edoardo Gonzales, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, furono introdotte rappresentazioni teatrali e balli come parte dell'”educazione morale” dei pazienti. Gonzales promosse anche la costruzione di un acquedotto per il manicomio e per Limbiate e istituì un “reparto fanciulli” con materiale didattico Montessori, anticipando l’importanza della pedagogia infantile in contesti psichiatrici.

Nel 1908 furono costruiti i “padiglioni aperti” nella pineta di Mombello. Durante la Prima Guerra Mondiale, due padiglioni furono adibiti a ospedale militare per soldati con disturbi psichici, che ricevettero trattamenti innovativi basati su riposo, libertà e un regime alimentare ricostituente. Mombello accolse anche “alienate profughe” da Venezia dopo la disfatta di Caporetto e, in seguito, sfollati di altre guerre e calamità. Alcuni membri del personale del manicomio, come lo psichiatra Gaetano Perusini, parteciparono al conflitto, perdendo la vita.

Negli anni della Grande Guerra, per far fronte al sovraffollamento, furono aperte diverse succursali. Mombello divenne un importante centro di ricerca con l’Istituto Andrea Verga, il Laboratorio di psicologia sperimentale di Giuseppe Corberi e l’Istituto neurobiologico di Ugo Cerletti. Nel 1931 fu istituita una sezione universitaria all’interno del manicomio, collegata all’Università di Milano.
Durante il fascismo, Mombello fu tristemente noto per l’internamento e la morte di Benito Albino Mussolini. Il declino del manicomio iniziò nel secondo dopoguerra, con la crescita della succursale di Affori.

Mombello fu uno dei manicomi più grandi e importanti d’Italia, con oltre tremila ricoverati, visitato da psichiatri di tutto il mondo e ospitò anche personalità come il pittore Gino Sandri. La Legge Basaglia del 1978 ne decretò la chiusura, completata in vent’anni.

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